Le porte dei templi egizi e delle città mesopotamiche sono senza dubbio, assieme alla Porta dei Leoni di Micene, il riferimento comune a indicare i “primi” portali. Similmente, immediato è il pensiero alle porte dei templi greci, alla etrusca Porta di Volterra, alla Porta Maggiore e agli archi di trionfo a Roma, per poi passare ai portali delle cattedrali gotiche, alle porte urbiche rinascimentali, ai ricchi portali delle chiese barocche, in un crescendo di complessità nelle forme e nelle decorazioni, ricondotto alla sobria linearità dal neoclassicismo114.

Due aspetti importanti condizionano il presente studio: l’aver ristretto il campo di ricerca ai portali dell’edilizia civile e il voler collegare la produzione udinese ad esempi di riferimento significativi, cercando di dar forma a un inquadramento generale della consistenza cittadina.

Per quanto attiene il primo punto è da notare come la delimitazione del campo di ricerca all’analisi dell’edilizia civile comporti necessariamente uno studio di relazioni che non può, comunque, prescindere dalle coeve realizzazioni dell’edilizia sacra e militare. Soprattutto per il periodo compreso tra il Quattrocento e il Cinquecento, i portali di chiese e palazzi trovano, infatti, significative e imprescindibili corrispondenze formali, mentre il manierismo che in città si sviluppa tra il Cinquecento e il Settecento mostra l’utilizzo di elementi propri dell’architettura militare - le porte urbiche e gli archi di trionfo - quali modelli per una severa architettura civile.

Così, fatta eccezione per le parti decorative, a impronta agiografica, da un lato, e celebrativa della committenza e dei suoi ideali, dall’altro, le nitide forme dei portali rinascimentali trovano importanti corrispondenze tra produzione sacra e profana, mentre i rudi bugnati delle porte urbiche sammicheliane e l’imponenza dei fornici romani hanno un evidente riscontro nei fronti dei palazzi più rappresentativi, così come in una pratica costruttiva di portali minori, comunque improntata al rigore che la locale grigia pietra piasentina naturalmente trasmette.

Per quanto riguarda, dall’altro verso, lo studio delle corrispondenze formali, si concretizza una remora di fondo sulla validità di questo aspetto della ricerca: molte delle nozioni attualmente di immediata acquisizione non sono state tali nei tempi passati e il quadro di riferimento odierno non può in nessun modo essersi delineato almeno fino all’inizio del XX secolo. Il capire quali opere possano essere state di riferimento in periodi e luoghi diversi necessita, così, la conoscenza approfondita delle realtà culturali di interesse, delle mode e delle novità: una ricerca che supera i limiti del presente studio. La comprensione del movimento delle idee, dello scambio di fonti scritte e iconografiche, dell’influenza degli spostamenti individuali – dalle prime campagne di rilievo rinascimentali ai grands tours di Sette e Ottocento – apre, pertanto, spazi di approfondimento complessi, delineandosi in un orizzonte ricco di stimoli e di domande sospese.

Mettere in relazione diretta la consistenza dei portali cittadini udinesi con esempi notevoli, implica l’aver definito i saperi accessibili nell’intervallo temporale d’interesse - dal XVI al XIX secolo - conoscerne il peso nel disegno e nella realizzazione dell’opera. Nella piccola cittadina al confine con i paesi germanici e slavi, influenzata dalla vicinanza con Venezia, prossima a una grande città dell’Impero Romano, Aquileia - primo porto dell’Adriatico, nella realtà, però, non visibile nella sua estensione e magnificenza a tutt’oggi - il comprendere quali possano essere stati i riferimenti stilistici cercati è una questione tutt’altro che scontata. Alcune considerazioni a commento della produzione architettonica nel suo complesso possono essere , però, d’aiuto. Se l’essere città defilata, lontana dai cenacoli culturali importanti e dalle figure che hanno segnato le architetture delle varie epoche, comporta, da un lato “il carattere eminentemente “provinciale” dell’architettura friulana, non nel senso di arretratezza o di mancanza di apertura alle novità ... ma in quanto queste novità arrivano di riflesso, sono accolte passivamente senza dar luogo all’elaborazione di forme e tipologie proprie.”
115, la posizione prossima a culture diverse implica che116 “Il Friuli non si presenta ... come una regione omogenea. La sua posizione di terra di confine ha favorito l’intrecciarsi di componenti tedesche, slave, venete; la divisione politica tra la Patria, provincia veneziana, e la contea di Gorizia, sottoposta all’impero austriaco, così come Trieste, si riflette in due distinte aree culturali, influenzate dalle rispettive capitali, i cui confini tuttavia non sono nettamente delineabili in quanto la circolazione delle idee - e di artisti e di maestranze - .non si ferma davanti a barriere amministrative, per di più, nel caso specifico, variabili e assai frastagliate. tipologie ed elementi di carattere veneto...”.
A ciò si aggiunga il fatto che i portali cittadini hanno, visti nella interezza della consistenza, qualcosa che dà ragione di una diversità e di una peculiarità necessariamente legate non solo ai luoghi, ma anche alla lavorabilità della pietra, all’influsso dell’opera dei proti nel grande e vicino cantiere della fortezza di Palmanova, alle opere cittadine di Andrea Palladio, di Domenico Rossi, di Giorgio Massari, agli interessi culturali di proprietari eruditi.

Non è dato sapere se arrivassero in città prima le nuove idee sugli ordini e le proporzioni o il trattato di Vitruvio e i suoi commenti
117. La vicinanza con Venezia, i contatti con la Lombardia e l’Istria - i primi per tramite dei lapicidi lombardi e ticinesi, i secondi, per esempio, nelle figure dei citati Bartolomeo Bon e Bartolomeo delle Cisterne - forse il lungo legame con la cultura toscana dei banchieri e dei mercanti che avevano contribuito alla crescita della città trecentesca - fece sì che in città la cultura classica del primo Rinascimento si presentasse nelle forme curate di alcuni portali di chiese e palazzi in cui l’uso di calcari chiari, la pietra d’Istria e la pietra di Aurisina118, ben si sposava con la finezza delle decorazioni a bassorilievo.

Sicuramente dirompente fu l’effetto dell’uso del bugnato da parte di Andrea Palladio nel Palazzo Bartolini e nell’Arco Bollani a Udine e nel Palazzo dei Provveditori di Cividale, a segnare l’utilizzo ideale della pietra piasentina, grigio conglomerato del Cividalese, che si protrarrà nei tre secoli a venire.

Altrettanta forza ebbero le linee di Domenico Rossi e Giorgio Massari, anche se il loro influsso trovò riscontro principalmente nelle architetture sacre sparse nel territorio circostante. È interessante qui notare come il legame architettonico con il territorio fosse molto vivo nel Settecento, tanto da poter difficilmente distinguere tra gli elementi costruttivi e di completamento delle ville di campagna e quelli dei palazzi cittadini: in un momento in cui gli investimenti in terraferma andavano a riguardare quasi contemporaneamente città e territorio, la circostanza trova una sua ragion d’essere ipotizzando che il progetto e l’esecuzione di entrambi fossero affidate alle stesse maestranze
119. A tal riguardo, in assenza del nome del progettista, si è spesso parlato nella critica architettonica delle case di città e ville di campagna di proprietari che, partendo dalle proprie dilettevoli, ma approfondite, conoscenze in materia, avrebbero tracciato in collaborazione con i capomastri, forti delle esperienze in fabbriche maggiori, facciate, piante, elementi di completamento: si tratta di una tesi ripetuta e confortata dalla presenza di una cultura architettonica fortemente indirizzata dal circolo dei Riccati di Treviso - legato agli studi di Giovanni Poleni - che porterà all’edizione del Vitruvio udinese nel 1825120. È difficile dimostrare se ciò sia del tutto vero: l’assenza di nomi non permette confutazione, anche se il continuo affiorare dalle dettagliate e recenti ricerche di archivio121 di computi, elenchi di spesa, distinte di pagamento potrebbe in futuro far rivedere tale assioma.
La riflessione porta, così, ad abbozzare in maniera coscientemente approssimata, da un lato, il ruolo svolto della divulgazione dei trattati e dell’iconografia, sia essa accessibile grazie ad immagini “viaggianti” - stampe e disegni - che “visitabili” - ossia architetture, tele, affreschi - dall’altro quello di alcuni esempi di riferimento nelle prossime vicinanze, a definire un primo canovaccio di riferimento, campo possibile di futuri approfondimenti mirati.

Rimandando ai singoli paragrafi dedicati la definizione dei riferimenti iconografici più scontati, alcune riflessioni possono essere qui definite in relazione all’influenza dei trattati di architettura.
Pur non potendo stabilire se l’influsso del testo del Vitruvio e dei suoi successivi commenti sia stato diretto o mediato, è indiscutibile il riferimento alla cultura classica nella maggior parte dei portali cittadini: gli ordini risultano una conoscenza acquisita dall’inizio del XVI secolo
122, sia nell’edilizia sacra che civile, sicuramente corroborata dall’esperienza e dall’operare di Giovanni da Udine, rientrato in città nel 1527, in fuga dal Sacco di Roma. Peraltro, se dell’influsso diretto del Palladio si è parlato, non può essere non marcata la concomitanza dell’edizione del de Architectura da lui illustrata e commentata da Daniele Barbaro (1556) con la carica a Patriarca di Aquileia (1550-1574) di quest’ultimo.
Banalmente i riferimenti scritti agli ordini architettonici più accreditabili sono da ricercarsi nelle vicine edizioni veneziane de I quattro libri dell’architettura, in Venetia, Appresso Domenico de’ Franceschi di Andrea Palladio (1570), in primis, Della architettura di Gio. Antonio Rusconi, in Venetia, appresso I. Gioliti, (1590), L’idea dell’architettura universale di Vincenzo Scamozzi architetto veneto, Venezia, presso l’autore (1615), a seguire, e non può essere trascurato l’influsso del Libro Extraordinario di Sebastiano Serlio (1551), campionario favoloso di portali
123 oltre le righe.
I portali udinesi sono poi, sicuramente, debitori alla chiara e didascalica trattazione di Jacopo Barozzi da Vignola ne La Regola delli cinque ordini dell’architettura (1562)
124, così importante nel tracciamento di ovoli, collarini, scozie, cavetti, da divenire riferimento continuo fin nei manuali di disegno di inizio Novecento125. Questo per quanto riguarda il Cinquecento e il Seicento udinesi, che in ritardo riescono a recepire le istanze del manierismo romano e delle porte marziali del Sanmicheli126.
Per il Settecento, invece, la mancanza quasi totale, di adesione alle linee barocche
127 porta a una ripetizione di quanto consolidato nei secoli precedenti, secondo un rigore formale marcato, caratterizzato dall’uso diffuso del bugnato gentile e, essenzialmente, degli ordini tuscanico e dorico, talvolta accoppiati a bugne rustiche. È interessante notare come nell’edilizia civile l’uso degli ordini architettonici coinvolga raramente lo ionico e il corinzio, a marcare l’atteggiamento marziale degli affacci dei palazzi sulle pubbliche vie. Diverso sarebbe, invece, il discorso sui portali dell’edilizia sacra, più influenzati dalle istanze barocche.
L’atteggiamento rigoroso del Settecento verrà ad essere accentuato dal neoclassicismo del secolo seguente, quasi uno strascico di quanto assimilato, forse a indicazione di un ruolo sostanzialmente secondario nelle dinamiche economiche regionali, polarizzate attorno al ruolo sempre più consolidato del porto di Trieste.
È presumibile che anche in questi anni, come, del resto, nei secoli precedenti, grande peso abbiano avuto nella definizione dei modelli, a fianco dei trattati di architettura, i testi sulle antichità del mondo romano
128, i resoconti di viaggio, i testi su edifici coevi129, le stampe dei monumenti antichi e le riproduzioni di quadri celebri, a definire, assieme il contatto diretto con le opere lontane, con i dipinti e le quadrature degli affreschi130 un’iconografia di riferimento.
Pur nella varietà e nella complessità evidenziate, i modelli portano a un quadro di riferimento sostanzialmente definibile secondo i grandi periodi della storia dell’arte, ma ben distinto dalle vicine produzioni locali assunte a paragone: Trieste, sicuramente influenzata dall’esuberante barocco d’oltralpe; Gradisca, cittadina militare a filtro tra gli influssi austriaci e veneti; Palmanova, sede delle milizie veneziane in Friuli, al centro della pianura friulana e sicuramente legata a Venezia e Udine, forse alle realizzazioni dalmate; Cividale, centro del territorio di approvvigionamento della pietra piasentina, forte di una fiera connotazione culturale romana, prima, longobarda e patriarchina, a seguire.
In tal senso la realizzazione del REPERTORIO DEI PORTALI DEL CENTRO STORICO DI UDINE, a definire le caratteristiche formali essenziali dei 252 portali significativi in città, e dei REPERTORI DI RIFERIMENTO, che, secondo la stessa classificazione, raggruppa 124 esempi importanti di riferimento a Cividale del Friuli, Gradisca d’Isonzo, Palmanova, Tolmezzo, Trieste, permette confronti puntuali nei tempi e nei luoghi, tracciati nei capitoli dedicati.










114

Per un inquadramento dettagliato dell’evoluzione storica degli aspetti formali dell’elemento ‘porta’ cfr. B. B. M. Apollonj-Ghetti, Porta. Antichità, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, 1949, vol. XXVII,  pp. 952-957; A. Bruschi, Strutture, elementi e tipi edilizi. a) Porte, portali ed elementi analoghi, 1965, in Enciclopedia Universale dell’arte, 1965, vol. XIII, pp.158-172.
















































115

D. Battilotti, Tra Venezia e Vienna. L’architettura del Settecento in Friuli - Venezia Giulia, in G. Bergamini (a cura di), Giambattista Tiepolo. Forme e colori. La pittura del Settecento in Friuli, 1996, p. 67.

116

D. Battilotti, Tra Venezia e Vienna. L’architettura del Settecento in Friuli - Venezia Giulia, in G. Bergamini (a cura di), Giambattista Tiepolo. Forme e colori. La pittura del Settecento in Friuli, 1996,  p. 67.

117

L’inventario in morte (datato 1542) di Adriano da Spilimbergo, mecenate dell’Accademia Spilimberghese - cenacolo umanistico della prima metà del Cinquecento legato agli ambienti dotti di Venezia e Padova - e padre della poetessa friulana Irene, contiene un interessantissimo elenco dei libri posseduti. (cfr. C. Scalon, La biblioteca di Adriano da Spilimbergo (1542), Spilimbergo, 1988, pp. 46-91). Facevano parte della biblioteca, ricca di oltre 200 volumi e orientata allo studio dei classici e dei testi sacri - secondo le indicazioni del direttore dell’accademia Bernanrdino Partenio e del docente di lingua ebraica Francesco Stancaro - un’edizione del De Architectura di Vitruvio e il De armonia mundi di Francesco Zorzi. Se la presenza del primo volume non necessita ulteriori commenti, preme ricordare il riferimento al secondo in A. Foscari, M. Tafuri, L’armonia e i conflitti: la chiesa di San Francesco della Vigna nella Venezia del Cinquecento, 1983, relativamente alla definizione dei rapporti tra le parti del costruendo edificio sacro. Aiuta a comprendere l’attenzione verso il mondo classico degli Spilimbergo il fatto che Giovanni da Udine lì realizzasse, proprio nel 1542, tre medaglioni a stucco (ritratti di Giacomo I e Aloisa di Spilimbergo, figura di Diana cacciatrice), cfr. G. Bergamini, in P. Goi (a cura di), La scultura nel Friuli-Venezia Giulia, II. Dal Quattrocento al Novecento, 1988, p. 116.

118

Delle pietre utilizzate e della provenienza si parlerà in dettaglio nel capitolo dedicato ai materiali.

119

A tal riguardo sia d’esempio il portale principale della villa Beretta a Lauzacco, così vicino nella figurazione e nel trattamento dei conci dei piedritti ai portali di palazzo Billia Concina (via Rialto 5, L0786) e a casa Zucco (via Paolo Sarpi 12, L0877), come rilevabili da alcune immagini in I. Zannier (a cura di), Il Friuli “Belle Epoque” nelle fotografie di Enrico del Torso, 1999, p. 35.

120

Cfr. G. Bucco, La cultura «Riccatiana» in Friuli e l’edizione del Vitruvio udinese, pp. 91-116.

121

Svolte soprattutto all’interno della Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Udine come lavoro di tesi del Corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali.














122

Cfr., ad esempio, la porta Cornelia in Castello (1517) dell’architetto Giovanni Fontana, il portale della Chiesa di San Giacomo (1525), su disegno di Bernardino da Morcote, la Porta Gritti (1584), dell’architetto Francesco Floreani.

123

Per un’interessante commento all’opera, legato a un’interpretazione storico – religiosa della bizzarra rappresentazione dei più vari, cfr. M. Carpo, La maschera e il modello. Teoria architettonica ed evangelismo nell’Extraordinario Libro di Sebastiano Serlio, 1993, sicuramente debitore ad A. Foscari, M. Tafuri, L'armonia e i conflitti: la chiesa di San Francesco della Vigna nella Venezia del '500, 1983.

124

Non è definito il luogo di pubblicazione del trattato, non indicato nella stampa. P. Murray indica Roma, cfr. P. Murray, L’architettura del Rinascimento italiano, 1969, p. 285.

125

Cfr. C. Torricelli, Disegno geometrico. Guida teorico-pratica, 1906, tavv. 27-31.


126

Per quanto riguarda l’architettura delle porte urbiche coeva al Sanmicheli nella Repubblica di Venezia cfr. A. Rampini, L’architettura delle porte urbane nel Cinquecento veneto, 1990.


127
Fanno eccezione gli episodi decorativi nell’edilizia sacra quali la cappella Manin, attribuita a Domenico Rossi, piccolo gioiello del Barocco a Udine, impreziosita dagli altorilievi del Torretti, e la riforma del Duomo, sempre del Rossi, di cui alla nota 91. Riguardo l’estraneità dell’architettura veneziana alle forme del barocco romano, che, influenzata dalla tradizione del Palladio, era passata quasi insensibilmente dai modi tardo cinquecenteschi a quelli del primo neoclassicismo, cfr. E. Bassi, L’architettura dei Sei e del Settecento a Venezia, 1962, pp. 1-48, come richiamata in D. Visentini, Architettura civile a Udine nel 600 e 700, 1970.

128

Per esempio il T. Saraina, De origine et amplitudine civitatis Veronae, 1540.


129

Cfr. D. de’ Rossi, Studio di architettura civile, 1702-1721.


130
A riguardo interessante è il richiamo alla scuola veneta del Cinquecento, facente capo a Paolo Veronese; cfr. L. Crosato, Gli affreschi nelle ville venete del Cinquecento, 1962, della cui attività in città è testimonianza l’attribuzione della tavola di un soffitto del demolito palazzo della Torre, allora Marchesi, l’Incoronazione di Ebe, attualmente conservata in una sala dedicata nel museo Isabella Steward Garden di Boston (cfr. H. T. Goldfarb, The Isabella Steward Garden Museum, 1995). per la storia del palazzo cfr. F. Corbellini, Le dimore dei Torriani tra presenza e assenza, in D. Frangipane (a cura di), Fortificazioni e dimore nel Friuli centrale attraverso i secoli, 1991.
IL QUATTROCENTO

Il secolo XV lascia alle spalle nell’edilizia sacra la realizzazione di due importanti elementi del gotico: il portale dell’Incoronazione e il portale della Redenzione della Chiesa Metropolitana, datati alla seconda metà del Trecento. Essi sono testimonianza di una acquisito ruolo del non più borgo nella compagine regionale, ultima traccia importante degli interventi dei Patriarchi per la nuova città.

Il portale ogivale di accesso al campanile del Duomo, già Battistero della città, datato al 1441
131, e quello di Casa Gubertini, la cui realizzazione è stata ricondotta a fine secolo132, sono i successivi testimoni sopravvissuti del lungo permanere di tarde forme del gotico. Stride il confronto con le contemporanee realizzazioni di Brunelleschi133, di Bramante134, di Leon Battista Alberti135, del Rossellino136, del Fancelli137: le nuove istanze rinascimentali fiorentine e lombarde verranno infatti recepite in città, con evidente ritardo, solamente nel secolo successivo138.

Presenta un aspetto di transizione dal gotico al rinascimentale il piccolo portale della Casa della Confraternita (L1659_5)
139, a lato della chiesa di Santa Maria del Castello, vano incorniciato da una semplice mostra modanata con sovrastante arco di scarico ogivale in mattoni.









































131
Cfr. L. De Lio, Il portale a Udine tra il XV e il XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995.

132
Il portale, già in via Manin, è oggi conservato nel portico settentrionale del Castello, parte del lapidario della Galleria Civica di Arte Antica, a seguito della demolizione del palazzo nel 1906. Le fotografie del portale e della sua collocazione originaria sono presenti in G. De Piero , I borghi e le piazze dell’antica città murata di Udine nella storia e nella cronaca, 1983, p. 189. Lo studio dei documenti d’archivio porta a dare una datazione ante-quem al 1457, cfr. L. De Lio, Il portale a Udine tra il XV e il XVIII secolo. Tipologie e materiali,  p.16.

133
Cupola di S. Maria del Fiore (1418-1446), chiesa di San Lorenzo (1421), Ospedale degli Innocenti (1421-1424), chiesa di Santo Spirito (1444), cappella de’ Pazzi in Santa Croce (1429-1444) a Firenze.

134
S. Maria presso San Satiro (1482), lavori a di Santa Maria delle Grazie (1492) a Milano.

135
Tempio Malatestiano a Rimini (1450); Palazzo Rucellai (1446-1451) e facciata di Santa Maria Novella a Firenze; chiesa di San Sebastiano (1469) e chiesa di Sant’Andrea a Mantova (1470).

136
Pienza (1460-1464).

137
Palazzo Pitti a Firenze (1458-1466), di probabile attribuzione. Per questa e le altre date e attribuzioni del capitolo cfr. F. Negri Arnoldi, Storia dell’arte, 1968. Per gli approfondimenti del caso si rimanda ai volumi della Storia universale dell’architettura, 1971 (Electa) e della Storia dell’architettura italiana, 2002 (Electa).

138
Parallelamente, a Trieste, il portale di casa Montecchi (per questa e per le altre notizie sui portali triestini cfr. V. Fogher, Porte, portali e «panduri» nella storia di Trieste, 1992) datato 1448, mostra, per contro, una prima conoscenza delle idee rinascimentali nella modanatura della mostra del semplice vano architravato.

139
I riferimenti d’ora in poi presentati rimandano al “Repertorio dei portali del centro storico di Udine” e al “Repertorio dei portali di riferimento in regione”, le cui schede sono allegate al testo nel Volume 2. Per Udine è indicata la posizione del portale nella mappa storica dell’ing. Antonio Lavagnolo, secondo il codice Lnnnn.
IL CINQUECENTO

Come premesso, anche per il Cinquecento è difficile tracciare una definita demarcazione tra i portali dell’edilizia sacra e quelli dell’edilizia civile. La distinzione tipologica degli edifici non ha un riscontro, infatti, nell’uso differenziato degli elementi di facciata.
I portali rinascimentali che incorniciano i troni delle Madonne di Bellini e Cima da Conegliano
140, trovano la loro collocazione sia nelle facciate delle chiese che nei palazzi di pregio, a Udine, come altrove141, con lo sfalsamento nei tempi che l’essere città a margine dei grandi fatti italiani comporta. I nuovi indirizzi della scultura del primo Rinascimento vengono introdotti in città dagli artisti ticinesi e lombardi verso la fine del secolo XV142: alla figura di Bernardino da Bissone, attivo a Venezia e in Friuli, è legata la realizzazione dei portali della chiesa di San Cristoforo (1518) e del Palazzo Comunale (1519)143. Definiti da paraste minutamente decorate con intagli preziosi di tralci, animali fantastici, candelabri, fiori, terminanti con ricchi capitelli, a definire l’imposta di un architrave o di un archivolto decorati, così in facciata, come all’intradosso e sugli spigoli visibili, i due portali sono parte di una delle stagioni più felici della scultura in Friuli, che inizia con gli interventi per la Tribuna Magna e il Ciborio della Basilica di Aquileia144 per poi concludersi, nei cinquanta anni a venire, in una sgranata produzione di acquasantiere, edicole, immagini votive, ad opera dei seguaci locali, in forme sempre meno raffinate, ma vicine alla viva devozione dei committenti.
L’attività di alcuni dei lapicidi si indirizza, parallelamente, verso un’assenza di elementi decorativi, avvicinandosi alle forme essenziali del puro Rinascimento. È il caso del rimosso portale della chiesa di San Francesco (1509)
145, di quelli dell’ex Collegium Pauperum (1523, L0093_1)), della chiesa di Santa Maria del Castello (Gaspare Negro, 1525), della chiesa di San Giacomo Maggiore (Bernardino da Morcote, 1525), di San Giovanni Battista (Bernardino da Morcote, 1533), della chiesa di Santa Lucia (prima metà del XVI secolo), di palazzo Giacomelli (via Grazzano 1, L0382), alcuni dei quali impreziositi da patere con monogrammi o immagini sacre, altri dall’inserzione di dischi policromi.
Di impianto simile, con diversi gradi di finitura, sono il portale meridionale del Duomo, datato 1525, attribuito allo scultore ticinese Carlo da Carona
146, il portale della chiesa di San Pietro Martire e i due portali già nell’Ospedale Vecchio147: il vano archivoltato è in essi definito da una cornice decorata a tutto tondo, sostenuta da piedritti più e meno elaborati, con interposta una cornice.
Più elaborato nell’intaglio dei piedritti e della cornice è il portale oggi in piazza XX Settembre 2, accesso alla Casa Veneziana (L0408, già L0791), datato 1510 e tradizionalmente attribuito a Bernardino da Bissone
148.
Alle stesse linee essenziali sono riconducibili alcuni portali di edifici privati, datati induttivamente, in assenza di un certo riscontro documentario, per le caratteristiche stilistiche evidenti. Si tratta di portali architravati, con cornice modanata, nella maggior parte dei casi con fascia di diversa cromia dalla struttura principale. È il caso di portali della Canonica del Carmine (via Aquileia 63, L0013) di Palazzo Sabbatini-del Torso (via Aquileia 17, L0032), di palazzo Trento-Girardis (via Aquileia 3, L0034), di casa Colombatti-Cavazzini (via Savorgnana 7, L0417), di via Battisti 15 (L0392), di via Poscolle 18 (L0525), di palazzo Muratti (via Zanon 2, L0649), della Confraternita di Santa Lucia (via Mantica 6, L1086), di vicolo Sillio 6 (L0897_1)
149, alcuni dei portali collocati sotto i portici della Loggia di San Giovanni (L1651_3, L1651_4 e L1651_5).
Riprendono le forme canoniche delle porte architravate con fregio e cornice sostenuta da mensole - che dalla porta dell’Eretteo attraversano la storia dell’architettura, passando per la porta della basilica di San Salvatore a Spoleto fino alle porte di palazzo Ruccellai a Firenze, di San Sebastiano a Mantova, e alle realizzazioni di Sanmicheli (casa Sanmicheli e porta Palio a Verona)
150 e Palladio151 - il portale della Loggia del Lionello (L0729), di attribuzione incerta152, la porta di ingresso al Salone del Parlamento in Castello (L1653_3), di probabile disegno di Giovanni da Udine, e il portale di via Portanuova 9 (L1590), per il quale sussiste, comunque, in assenza di fonti documentarie certe, il dubbio di datazione.
Con l’accesso principale del Castello
153, la Porta Cornelia (L1653_2), portale di accesso al suo lato settentrionale, datata 1517, opera dell’architetto Giovanni Fontana154, indica chiaramente il divario culturale tra le preziose realizzazioni ticinesi - lombarde e quanto le conoscenze dell’antico, legate allo studio dei primi trattati, stavano parallelamente producendo in Italia. Il portale, costituito da una semplice cornice modanata, che definisce il vano rettangolare d’accesso, è inquadrato da un’edicola architravata, con colonne corinzie a tutto tondo a sostegno di una ricca cornice modanata155. La Porta Cornelia apre la serie dei portali celebrativi che arricchiscono la città nel XVI secolo. A questa segue (1522) l’Arco Grimani (L1659.6), varco settentrionale nelle mura cittadine, semplice portale archivoltato con lineare impronta rinascimentale156, l’Arco Bollani (L1651_1), opera attribuita concordemente ad Andrea Palladio (1556), la Porta Gritti (L1651_2, anno1584)157 e il portale (1567) del primo nucleo del Monte di Pietà (via Pelliccerie, L0751_5), entrambi dell’architetto Francesco Floreani.
Timida proposizione dei canoni classici è il portale interno di palazzo Lovaria (via Zanon 18, L0704_2), in cui a un vano delimitato da piedritti e architrave semplicemente modanati, si sovrappone un fregio con triglifi stilizzati e metope istoriate, conclusi dalla sovrastante cornice
158.
Il bugnato, introdotto da Giovanni da Udine nel basamento della Torre dell’Orologio nella forma di un bugnato gentile, mostra le sue potenzialità espressive nella lavorazione rustica, quando abbinato all’uso della pietra locale, la pietra piasentina, che Palladio usa nel ricordato Arco Bollani e nella facciata del palazzo per Prospero Antonini, fronte a sei colonne ioniche cerchiate da bugne rustiche, a sostenere la severa trabeazione, ornata da una iscrizione in lettere capitali, con sovrapposto balcone e un secondo ordine di 6 colonne corinzie
159. Il bugnato rustico diventa un elemento costante nella produzione dei portali udinesi, da questo momento a caratterizzare inequivocabilmente l’elemento costruttivo nei secoli a venire.
Discorso a parte richiede il portale di palazzo Susanna-di Prampero (via Stringher 5, L0427), a vano rettangolare con piattabanda, in conci a bugnato gentile. Il portale costituisce un unicum nella produzione udinese dal XVI al XIX secolo non solo per il motivo della bugna a cuscino accoppiata dei piedritti e della piattabanda, ma, soprattutto, per l’impossibilità di ricondurne le dimensioni al sistema dei piedi e delle once udinesi, unità palesemente utilizzata nel disegno e nella realizzazione della maggior parte dei portali cittadini
160. In tempi recenti l’edificio è stato attribuito a Giovanni da Udine161. Sebbene il modulo riscontrato nel portale non corrisponda a quello indicato per la costruzione162, il disegno dei conci, simile a quello dello scalone del Castello, opera di Giovanni da Udine, lascia in sospeso la questione, con un elemento aggiuntivo di riflessione.






















140
Cfr. G. Bergamini, in P. Goi (a cura di), La scultura nel Friuli-Venezia Giulia, II. Dal Quattrocento al Novecento, 1988, p. 34. M. Buora indica per Udine, in tal senso, il contributo di Domenico da Tolmezzo con il polittico di Santa Lucia (1479); cfr. M. Buora, Guida di Udine, 1986, p. 66, valido, p.e., anche per la pala della Chiesa parrocchiale di Osoppo, la Madonna con Bambino e Santi, di Pellegrino da San Daniele.

141
Per esempio nel quattrocentesco portale del Palazzo Comunale di Cremona, attribuito all’Amadeo, sintesi paradigmatica di molte realizzazione friulane successive, e nel portale del Banco Mediceo a Milano, opera di artisti lombardi per un edificio di Michelozzo, in cui elementi propri del rinascimento toscano si fondono con il gusto decorativo lombardo.

142
“Per lo più per comodità e per ossequio a una categoria mentale storicistica distinguiamo il Cinquecento dal Quattrocento; in realtà anche a Udine, come in più parti d’Italia, i primi decenni del XVI sec. sono strettamente legati a quella temperie culturale che in più modi si manifesta alla fine del Quattrocento”, cfr. M. Buora, Guida di Udine, 1986, p. 61.

143
Il portale, ricomposto, è oggi conservato in una stanza del Castello, parte del lapidario della Galleria Civica di Arte Antica.

144
Cfr. G. Bergamini, in P. Goi (a cura di), La scultura nel Friuli-Venezia Giulia, II. Dal Quattrocento al Novecento, 1988, pp. 22-27.

145
Il portale è oggi conservato nel lapidario della Galleria Civica di Arte Antica del Castello. Per la datazione di questi portali cfr. L. Da Lio, Il portale a Udine tra il XV e il XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995 e i riferimenti della minuziosa rilettura e ricerca di dei documenti di archivio relativi.

146
Cfr. G. Bergamini (a cura di), Architetti e lapicidi ticinesi in Friuli nei secoli XV e XVI, 1984, p. 44.

147
Ora parte del lapidario della Galleria Civica di Arte Antica del Castello.

148
Cfr. L. Da Lio, Il portale a Udine tra il XV e il XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995, p. 33. In forma semplificata, le fattezze di questo portale si ritrovano a Trieste, nell’ingresso della antica sede vescovile, in via Castello 2; cfr. V. Fogher, Porte, portali e «panduri» nella storia di Trieste, 1992. Similitudini evidenti negli elementi di piedritti e traverso si riscontrano con il portale di via Mazzini 4 a Cividale del Friuli.

149
Si tratta, più che di un portale, di una porta. La bellezza delle proporzioni, seppur mascherate da una recente tamponatura impropria, ha portato alla sua comprensione nell’elenco stilato.

150
Cfr. P. Davies, D. Hemsoll, Michele Sanmicheli,  2004, p. 293.

151
Cfr. A. Bruschi, Elementi parietali, in Enciclopedia Universale dell’arte, 1965, vol. XIII, p. 166.

152
Per il portale, comunemente attribuito a Palladio, è stato di recente indicato il nome di Giovanni da Udine. Cfr. L. Puppi, Palladio, 1999, p. 304 e il portale di paragone della chiesa di Santa Marie dei Battuti a Cividale, p.e. in N. Dacos, C. Furlan, Giovanni da Udine, 1987, p. 162.

153
“Il Castello è un’imponente costruzione , possente nella sua struttura, articolata dalla successione di finestrelle, balconi, finestre ed arricchita nella parte centrale della facciata dal classico motivo dei tre fornici affiancato da colonne e lesene che, pur nell’interpretazione sostanzialmente lombarda, richiama alla memoria gli archi trionfali romani”; cfr. G. Bergamini, M. Buora, Il Castello di Udine, 1993, p. 153.

154
Per la scheda completa dei riferimenti d’archivio cfr. L. Da Lio, Il portale a Udine tra il XV e il XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995, p. 34.

155
Il portale fu eretto con intento celebrativo per il Luogotenente Giacomo Cornaro, ricostruttore del Castello devastato dal terremoto del 1511; del resto, la ricostruzione in sé è una celebrazione della famiglia Cornaro, dalla trionfale facciata meridionale del nuovo palazzo cinquecentesco, impostata secondo lo schema di un possente arco trionfale - ai limiti dall’essere un enorme portale - alle iscrizioni commemorative dell’evento sparse nel complesso. Cfr. G. Bergamini, M. Buora, Il Castello di Udine, 1993 e la nota 64.

156
Il portale fu edificato in onore del Doge Antonio Grimani (1521-1523) dal Luogotenente Vincenzo Capello, artefice Beltrame de Susannis; cfr. L. Da Lio, Il portale a Udine tra il XV e il XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995, p. 60.


157
Da notare i riferimenti evidenti ai portali dorici bugnati del vestibolo del palazzo Cornaro a San Maurizio a Venezia, di Jacopo Sansovino (progetto successivo al 1532, realizzazione successiva al 1545), come in P. Davis, D. Hemsoll, Michele Sanmicheli, 2004, p. 210.

158
Cfr. L. Da Lio, Il portale a Udine tra il XV e il XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995, p. 44.

159
Come già ricordato, per le vicende costruttive e la storia del palazzo cfr. L. Asquini, M. Asquini, Andrea Palladio e gli Antonini: Un palazzo "romano" nella Udine del Cinquecento, 1997.

160
Al discorso delle unità di misura nella progettazione e nella realizzazione nei manufatti viene più in là dedicato un intero paragrafo. Qui basti ricordare il valore del piede udinese, pari a 34.048 cm, dell’oncia, la sua dodicesima parte, pari a 2.84 cm, e il valore del modulo di progetto del portale, misurato in 32 cm circa, pari alla metà della larghezza del piedritto.

161
Cfr. M. di Prampero de Carvalho, Perché Giovanni da Udine fu sepolto al Pantheon, 2003, pp. 41-48.

162
M. di Prampero de Carvalho, Perché Giovanni da Udine fu sepolto al Pantheon, 2003, p. 44 riconduce al valore del piede classico, pari a 34.4 cm, la modularità dell’edificio.

IL SEICENTO


È particolarmente complesso tracciare una linea di demarcazione definita tra la produzione di portali del Seicento e Settecento: nella maggior parte dei casi poche sono le evidenze formali tali da rendere netta, infatti, questa distinzione. Come rilevato da Decio Gioseffi: “…che i due secoli «del Barocco» possano marciare insieme è comunque accettabile. … E non si può neppure escludere che i punti iniziali e terminali (tardo manierismo e neoclassicismo settecentesco) non possano in qualche modo «darsi la mano» per lo meno nei paesi si area veneta, scavalcando per così dire il Barocco – dal Palladianesimo al Neopalladianesimo (con particolare riguardo all’architettura – e a copertura dei decenni scoperti”
163, secondo una comune interpretazione che vede nella mancata assimilazione del barocco romano in area veneta la corrispondenza di un’autonomia politica della Serenissima dalle linee guida del Papato sin dalla costituzione della Lega di Cambrai164.
La stratificazione degli interventi, peraltro, rende ancor più complessa una classificazione per secoli: è difficile, infatti, in assenza di documenti specifici, distinguere interventi successivi di facciata in un contesto tutto sommato fermo nelle pratiche di lavorazione e negli stili.
Un primo elemento che sicuramente caratterizza la produzione di questo secolo è, comunque, la realizzazione di portali ad arco con bugne rustiche variamente lavorate, secondo patterns propri dei segreti di bottega dei tagliapietra locali, sulla scia degli esempi palladiani, a definire un insieme di portali rustici di grande suggestione e forza espressiva. La serietà di questi portali introduce in città una suggestione marziale, rafforzata dal colore scuro della pietra piasentina e dal suo offrirsi così adatta a un trattamento superficiale abbozzato. La ricordata vicinanza del cantiere della città fortezza di Palmanova
165 gioca in questo senso, a giudizio di chi scrive, un ruolo fondamentale. Non è un caso, forse, che il primo vero portale rustico ad arco dell’area sia quello del Palazzo dell’Arsenale a Palmanova (datato in chiave 1596, borgo Aquileia 44), forse esempio di riferimento per l’imponente portale di via Giovanni da Udine 5 (L1531), così simile, peraltro, al portale di Cividale del Friuli in piazza Duomo 6, opera minore a lato dell’importante palazzo dei Provveditori del Palladio, al portale di Tolmezzo in piazza Garibaldi 2, a quello della Casa Veneziana a Malborghetto.
Il portale ad arco “alla rustica” ripropone, così, le suggestioni degli acquedotti romani, dei portali fiorentini e di palazzo Pitti, della “variante del tipo, forse introdotta per la prima volta da Bramante nella porta di accesso al cortile del Belvedere” che “isola per lo più i conci del portale dal paramento del muro adiacente …”
166, di palazzo Farnese a Roma, di palazzo Pandolfini a Firenze, del cortile di palazzo Tè, della Porta Nuova a Verona del Sanmicheli, in un continuum che ne vedrà la presenza fino all’inizio del Novecento.
Accanto a questi portali volutamente grevi, si delinea una serie di portali a bugne rustiche con lavorazione superficiale tipo capitonné, caratterizzata da incavi ordinatamente alternati sulle facce rustiche dei conci, forse a nasconderne le bucature per l’alloggiamento degli arpioni di sollevamento
167. I portali del palazzo Antonini-Cernazai (via Tarcisio Petracco 8, L1277_2 e via Gemona 18, L1278), ricchi di  una trabeazione parzialmente mascherata dai conci dell'arco e di un sovrastante timpano spezzato, possono dirsi introdurre il genere, qualora la contemporaneità con la realizzazione del palazzo (1593-1595) fosse confermata168. Interessantissimo è il portale di casa Rinoldi (via Liruti 22, L1435), le cui bugne potrebbero essere esempio in un trattato di stereotomia: il varco, a taglio inclinato rispetto alla facciata, indirizza lo sguardo di chi l’attraversa secondo un asse che congiunge l’allineamento interno del fabbricato con la lontana porta di San Bartolomeo (oggi Manin), a compensarne la posizione defilata rispetto al cuore dell’antico centro cittadino. Il portale di accesso al cortile di palazzo Gorgo Maniago (via Viola 3, L0690_1) unisce all’imponenza delle dimensioni una decorazione scultorea che sovrasta il muro di cinta: due cervi affrontati fanno da cornice a un busto di guerriero con sottostante mascherone169. Più grossolani nella lavorazione sono i due portali rustici di palazzo Torriani (via Zanon 24, L0947_1 e, per ricollocazione recente, accesso settentrionale alla collina del Castello, L1659_7), forse elementi di recupero dalla demolizione del 1717 di palazzo della Torre170. La decorazione superiore del muro di cinta del primo di questi portali, realizzata con una successione di cappe a sostegno di grosse sfere in pietra è un elemento di completamento distintivo del periodo,  presente in numerosi esempi coevi171. Molto simili nella forma, nella lavorazione e nelle dimensioni sono i portali gemelli dell’Istituto Tomadini, già Convento delle Rosarie (via Tomadini 13, L1736_1 e via Trento 4, L1736_3), il portale di via Marinoni 22, L0951_1), di via Pelliccerie 5 (L0752). In dimensioni ridotte, invece, ripropongono le stesse caratteristiche i portali di piazzetta Antonini 4 (L1542), di casa Cabassi-Sbruglio (via Zanon 22, L0705) e del già palazzo Martina-Orgnani (via Zanon 1, L0859).
Un secondo gruppo di portali caratteristici del periodo è quello ad arco con bugne lavorate secondo un bugnato gentile. Bellissimo esempio è il portale posteriore di palazzo Gallici-Strassoldo (vicolo di Prampero 13B, L0087_2), unico ad interessare con lo spessore delle bugne l’intera muratura - sagomate in modo tale da fornire la necessaria battuta al portone di chiusura - a formare due portali gemelli contrapposti. Sono esempi di altrettanto interesse è il portale posteriore dell’ex Collegio dei Barnabiti (via Ginnasio Vecchio 13, L0112, completato dallo stemma in chiave della città e dalla scritta a caratteri cubitali “GYMNASIUM CIVITATIS UTINI”), di datazione certa 1683, come indicato dalle carte di archivio contenenti il disegno di presentazione
172, e il portale del distrutto palazzo Arcoloniani (via Carducci 1, L0037), affascinante nell’esilità dell’impianto e nella ricca decorazione sovrapposta173, così simile al portale di casa Carli, a Cividale del Friuli, forse l’espressione più piena dell’impiego del bugnato rustico nel Barocco friulano. Altri portali di minore importanza, il più delle volte di incerta datazione, vanno a completare il gruppo dei portali ad arco174.
Variante del portale rustico ad arco è quello con piattabanda. Esemplari le aperture del Monte di Pietà (p.e. via Pelliccerie, L0751_6) e il portale di casa Percoto (via Liruti 20, L1434).
Uno degli elementi introdotti nel Seicento è la successione continua di facciata: portale - finestratura del salone al piano nobile, “questo grande ambiente di soggiorno” che “si manifesta sulla facciata delle case udinesi, anzi ne forma la principale caratteristica”
175. Anche se esistono alcuni esempi di portale con sovrapposte aperture anche per i periodi precedenti176, si tratta, infatti, per lo più, di finestre sopra il portale, non necessariamente coeve e spesso successive, per le quali non sussiste la continuità formale che caratterizza le realizzazioni di questo secolo. Non è forse un caso che tre degli esempi più importanti, il portale di palazzo Daneluzzi-Deciani-Braida (anno presunto 1690, via Aquileia 33, L0025), il portale laterale di palazzo Susanna-Caratti (di datazione incerta, piazzetta del Lionello 12, L0723) e quello di palazzo Bartolini177 (anno 1641, piazzetta Marconi 8, L1595_2) siano in pietra d’Istria178. Mentre molto si è indagato sulla scultura e sul cantiere del Cinquecento, per il Seicento l’attenzione è stata rivolta essenzialmente ai grandi episodi cittadini, quale il Monte di Pietà, trascurando momenti solo relativamente minori. Ne deriva una non conoscenza di fondo degli scambi di materiale e manodopera che sicuramente ha condizionato gli aspetti formali della produzione udinese, non solo con la Dominante, ma anche, e, forse, soprattutto, con centri satelliti vicini. Sono palesemente vive in questi portali non solo le suggestioni veneziane del Sanmicheli e del Longhena, ma anche quelle istriane, oggi così vicine e così lontane. Più aderenti a una sensibilità locale, per materiale e dettagli decorativi, sono il portale di palazzo Antonini-Belgrado (anni 1690-1697, piazza Patriarcato 3, L1859), quello di casa Manin (datazione incerta, via Manin 6, L1667), l’imponente portale di Palazzo Colloredo (datazione incerta, via Aquileia 22, L2051), il portale di palazzo Attimis-Maniago (1696 circa, via Poscolle 43, L0631), il graziosissimo portale di palazzo Cassini-Camucio (largo Cappuccini 8, L1873), oggi purtroppo deturpato nelle proporzioni da un goffo allargamento, il portale di palazzo Otellio (datazione incerta, piazza I maggio 29, L1683), i portali gemelli di palazzo Mangilli-del Torso (antecedenti il 1680, piazza Garibaldi 18, L0385_1 e piazza Garibaldi 19, L0385_2), il bellissimo portale di palazzo Colloredo-Orgnani (plausibilmente a cavallo tra i due secoli, via Marinoni 10, L0948), arricchito da un’inusuale venatura della pietra piasentina, utilizzata anche nel ricco paramento laterale.

Conclude la rivista dei portali seicenteschi il gruppo dei portali con doppio ordine sovrapposto. Di grande effetto sono i quattro portali del Monte di Pietà (seconda metà del Seicento; via del Monte 1, L0751_1; via del Carbone, L0751_2; via Mercatovecchio, L0751_3 e L0751_4)
179, con colonne ioniche scanalate bloccate alla muratura da possenti bugne rustiche, a definire un “portale aperto”, con cornice e timpano spezzati, inquadramento del vano rettangolare sottostante, definito dal possente bugnato rustico che cinge l’intero basamento della costruzione. Meno monumentali, ma di grande pregio sono i due portali di palazzo Billia-Concina (via Rialto 5, L0786) e di casa Zucco (via Paolo Sarpi 12, L0877) in cui al curato ordine di base si sovrappone un partito rustico, a definire due vani rettangolari con sovrastante cornice e timpano spezzati, in analogia con i ricordati portali del Monte di Pietà e di palazzo Colloredo-Orgnani; completa la composizione delle facciate la monofora della sala al primo piano. Evidenti sono i riferimenti ad episodi del secolo che li precede: il campionario dell’Extraordinario Libro di Sebastiano Serlio, ma anche, tra i tanti possibili - il portale di palazzo Bocchi del Vignola, a Bologna, le porte urbiche di Palmanova, riferimenti scontati - i collegamenti ad alcune porte urbiche istriane: la porta Marcella a Cherso (1588) e la porta San Fior ad Albona (1587), segno del perpetrarsi di codici e stili, seppur in sfumature e sembianze mutevoli, presente fino all’avvento del neoclassicismo. Di rigore quasi neoclassico è il portale di casa Zucco-Belgrado (via Prefettura 12, L1819), quasi una sintesi delle linee dei segnalati portali di palazzo Zucco (via Paolo Sarpi 12, L0877) e di palazzo Antonini-Cernazai (via Tarcisio Petracco 8, L1277_2 e via Gemona 18, L1278). Discorso dedicato esige il portale principale di palazzo Torriani (largo Carlo Melzi 2, L0947_2), datato induttivamente a dopo il 1631180, esempio unico del periodo, con il ricordato portale di palazzo Daneluzzi-Deciani-Braida (anno 1690, via Aquileia 33, L0025) per la complessità del progetto dei piedritti a bugne rastremate. Due sono gli aspetti di rilievo di questo portale, forse intimamente legati: il materiale, un calcare fossilifero tipo pietra Aurisina, e i rimandi formali al portale principale del palazzo Torriani di Gradisca d’Isonzo (inizio Settecento), elementi che potrebbero essere punto di partenza per gli approfondimenti specifici che la bellezza del portale esige, insieme alla particolare lavorazione superficiale vermiculata dei conci rustici, episodio isolato, non solo in città, ma in tutta l’area esaminata.
Si riserva un ultimo cenno allo stranissimo portale di via del Sale 14A (datazione incerta, L0505): due pesanti piedritti sostengono una cornice e delimitano un vano rettangolare, con piedritti e architrave modanati e sovrastante fascia convessa. Il portale sembrerebbe un riassemblaggio di pezzi di risulta, se la base modanata non indicasse un impegno non consono a un operazione del genere. L’effetto è, comunque, di imponenza e rimanda curiosamente a suggestioni lontane nel tempo e nei luoghi: il Quartier Grande dei Soldati a San Nicolò di Lido (Venezia, 1591-1595) e l’ingresso del palazzo reale di Praga del Pacassi (1756), legato a quest’ultimo dalla comune sequenza spaziale.
















163
D. Gioseffi, Udine. Le arti, 1983, p. 153.

164
La Lega di Cambrai fu promossa contro Venezia da Papa Giulio II nel 1508. Vi aderirono l’imperatore Massimiliano I, i re di Francia e Spagna, i duchi di Ferrara e di Mantova.; fu sciolta nel 1510. Cfr. note 57 e 64.

165
Cfr. 35 e 88.

166
Cfr. A. Bruschi, Elementi parietali, in Enciclopedia Universale dell’arte, 1965, vol. XIII, p. 168.

167
Per questa, come per altre indicazioni su materiali e tecniche di lavorazione, chi scrive è debitrice al signor Italo Bulfone, prematuramente scomparso, maestro scalpellino e figlio d’arte, che con cortesia e disponibilità uniche è stato punto di riferimento del lavoro per questi argomenti.

168
Cfr. E. Avon, Il restauro di palazzo Antonini-Cernazai e dell’ex-Convento degli Agostiniani, in B. Cadetto et al., Consorzio per la Costituzione e lo Sviluppo degli Insegnamenti Universitari in Udine: un intervento nel centro storico, 1982, p. 35.

169
Dei mascheroni, elemento di pregio nella composizione dei portali, si parlerà diffusamente nel capitolo dedicato alle maestranze, in questo caso gli scultori. Basti qui ricordare come i mascheroni, o protomi, caratteristici dell’architettura classica, siano stati reintrodotti in area veneta dal Sansovino e dal Sanmicheli (cfr. E. Bassi, Architettura del Sei e Settecento a Venezia, 1962, p. 34).

170
Nei disegni presenti nell’archivio Torriani presso l’Archivio di Stato di Udine compaiono due portali gemelli molto simili a questi. Il palazzo della Torre fu demolito nel 1717, atto finale della condanna ultima del conte Lucio della Torre da parte del Consiglio dei Dieci. La prova finale del recupero dei portali e del loro utilizza in un secondo palazzo della famiglia va cercata nell’elenco del materiale recuperato dalla demolizione. Per questa indicazione e per la storia del palazzo cfr. F. Corbellini, Le dimore dei Torriani tra presenza e assenza, in D. Frangipane., Fortificazioni e dimore nel Friuli centrale attraverso i secoli, 1991, pp. 16-23.

171
Per il Palazzo Patriarcale, il già palazzo Orgnani Martina e il demolito palazzo della Torre cfr. M. Buora, Guida di Udine, 1986, p. 80, ma anche: il portale posteriore di palazzo Gallici Strassoldo (L0087_2), i portali di via Zanon 1A (L0861) e via Zanon 11 (L0866), il portale di via Scrosoppi 21 (L1861), il portale laterale di palazzo della Porta (via Treppo 7A, L1799_1).

172
In Acta Publica Civitatis Utinii, LXIII. 101v-102v; ms. D. XXIV, c14, presso la Biblioteca Comunale di Udine, cfr. L. Da Lio, Il portale a Udine tra XV e XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995, p. 110.

173
Del portale esiste uno schizzo dell’architetto Raimondo D’Aronco, cfr. V. Masutti (a cura di), Giovanni Battista della Porta, Memorie sulle antiche case di Udine, 1983-1988, p. XXXI.

174
I portali ad arco a bugne trovano il loro impiego prevalente nell’accesso a cortili e corti. Spesso tale funzione è venuta meno per l’edificazione di volumi aggiuntivi che li hanno inglobati, evidenziata dal confronto con l’iconografia storica.

175
Cfr. C. Ballerio, Architettura minore a Udine, 1956, p. 3. La breve memoria costituisce un riferimento costante nello studio dell’architettura della città. Si tratta di un estratto dagli Atti del V Convegno Nazionale di Storia dell’Architettura,  contributo estemporaneo di un autore non udinese, estremamente lucido e dettagliato,  giudizio prezioso di una consistenza difficilmente inquadrabile in maniera obiettiva da chi vive e sente la città nel quotidiano.

176
P.e. in palazzo Susanna di Prampero (via Stringher 5, L0427), in palazzo Sabbatini del Torso (via Aquileia 17, L0032), in palazzo Muratti (via Zanon 1, L0649) e altri.

177
Per il significato di alcuni elementi decorativi all’intradosso del fregio, riconducibili ai principali simboli massonici: la squadra, il compasso e l’archipendolo, cfr. R. Gianesini, Impronta massonica sul palazzo, 1997, presenti, sessant’anni dopo, nel sorprendente portale del Palazzo Arcivescovile di Lubiana (1714), opera di Andrea Pozzo (1642-1709), autore della facciata della chiesa di Santa Maria Maggiore a Trieste (1710 circa). Un collegamento culturale, quello fra il Friuli e la Slovenia, sicuramente da approfondire: negli stessi anni (1721-1723) Giulio Quaglio (1668-1751), il pittore dei grandi saloni d’onore dei palazzi udinesi, realizzava la decorazione della Biblioteca del Seminario Arcivescovile di quella città. Cfr. N. Sumi,  Ljubljana, 1980.

178
Esiste per questi portali, tra l’altro, un significativo rimando formale ad alcuni esempi coevi nella città di Trieste, i portali di via Cavana 16 e via Crosada 7. Per questi e altri esempi cfr. V. Fogher, Porte, portali e «Panduri» nella
storia di Trieste, 1992, pp. 281-320.

179
Per la storia della costruzione si rimanda alle 82 e 88.

180
Cfr., a sintesi dei contributi a riguardo, L. Da Lio, Il portale a Udine tra il XVI e il XVIII secolo. Tipologie e materiali, 1995,  p. 89 e scheda.

















































IL SETTECENTO

Anche per quanto riguarda la realizzazione dei portali, il Settecento si pone, come indicato, in una graduale continuità con il secolo che lo precede, risentendo solo marginalmente degli importanti contributi cittadini di Domenico Rossi e di Giorgio Massari, della lezione compositiva dei ricchi altari barocchi, dei scenografici altorilievi del Torretti
181, delle effervescenti realizzazioni d’oltralpe - così vive, per contro, nella produzione triestina e gradiscana - della mediazione tra cultura veneta ed austriaca degli interventi goriziani di Nicolò Pacassi182. La piattezza dei fronti e dei portali stessi è l’elemento distintivo di una produzione rigorosa, ancorata agli stilemi del classicismo veneziano, severa nelle forme, anche nel momento delle fantastiche esplosioni del tardo barocco, rigida di fronte ai guizzi vivaci del Rococò.
Il contrasto, però, tra la staticità dei fronti strada e le ricche decorazioni interne dei palazzi - a partire dalle realizzazioni di fine Seicento di Giulio Quaglio, per poi proseguire con gli affreschi del palazzo Arcivescovile di Giambattista Tiepolo, fino ai cicli pittorici di Francesco Chiarottini – fa quasi pensare a una voluta “immagine di facciata”, una Udine seria in apparenza, ma invece sensibile alle istanze e ai fermenti culturali in essere e a venire, quasi una ritrosia nel riconoscersi in nuove sembianze, oltre il ruolo di Capitale della Patria del Friuli e sede del Patriarcato.
Apre il secolo la realizzazione della facciata di palazzo Polcenigo- Garzolini-Toppo-Wassermann (anni 1705-1706, via Gemona 82, L1397): “una facciata piuttosto semplice, cui conferisce tuttavia un  tono di solennità la parte centrale, scandita da larghe lesene, che accoglie nel piano nobile, in corrispondenza all’ampio portale ad arco bugnato liscio, tre belle finestre ad arco con mascherone in chiave, profilate in pietra, di cui la centrale con un bel poggiolo, due laterali con balaustrina a filo facciata; al disopra infine tre vuote cornici in pietra in funzione ornamentale”
183. Portale e elementi di completamento riassumono la struttura della maggior parte dei manufatti monumentali del Seicento e Settecento cittadino: portale bugnato, contiguità con le finestrature superiori – a singola, doppia, tripla apertura – presenza di un balcone leggermente aggettante o a filo con il fronte, secondo l’uso dei balconcini veneziani184, elementi decorativi aggiuntivi; la presenza delle protomi è, invece, un tardivo retaggio delle tipologie seicentesche, superate nel Settecento spesso, ma non sempre, dall’utilizzo dei ricci in chiave. Una particolarità inaspettata del portale è l’utilizzo, rilevato per le bugne dei piedritti, di un calcare grigio venato, tipo grigio Carnia, episodio del tutto singolare. Segue linee compositive simili, ma più compatte, il portale principale di palazzo Florio (via Palladio 8, L0914_3), datato, come la costruzione, al 1763, epilogo di una serie di progetti non realizzati185, arricchito di da due nicchie laterali (con mori posticci), e da una cornice di coronamento, con sovrastante timpano arcuato, elemento pur anche caratteristico della produzione di questo secolo. Altrettanto imponenti sono i portali di palazzo Mattioli-Caimo-Frova (via Mazzini 16, L0921), così vicino alle indicazioni dell’Extraordinario Libro di Sebastiano Serlio, il portale di palazzo Montegnacco-Berghinz-de Concina (via Gemona 40, L1160), singolare nell’uso del bugnato rustico a definire portale, finestrature superiori e cornici marcapiano, ingentilito solo dalla presenza di tozzi, ma ricercati balaustri nei parapetti (non lontano dalle forme delle scuderie della villa Masetti de Concina di San Daniele del Friuli). Ritorna ad affiorare una specificità della produzione edilizia di prestigio nella Udine del Settecento, così singolarmente legata alla realizzazione delle ville nella campagna circostante. Molti dettagli dei portali cittadini, infatti, trovano spesso corrispondenze e coincidenze in quelli delle dimore estive della nobiltà udinese, conseguenza evidente di un’attività costruttiva parallela, tutta ancora da indagare nella sua complessità186. Il grandioso portale di palazzo Agricola, datato a prima del 1740 (largo delle Grazie 36, L1439) mantiene le linee rigorose degli esempi veneziani passati, arricchito da suggestioni contemporanee (è il caso della protome in chiave in forma di Ercole vestito con pelle leonina, così vicino al corrispondente elemento di palazzo Maffetti Tiepolo a San Polo a Venezia, opera di Domenico Rossi, alla quale il portale si avvicina anche nello schema compositivo di base), pur rimanendo debitore all’insegnamento dei grandi maestri (in questo caso nella forma spezzata mistilinea del traverso, di michelangiolesca memoria187).

Episodio del tutto autonomo è la realizzazione del portale principale del Palazzo Patriarcale, attribuito a Domenico Rossi, attivo in città nella prima metà del secolo
188: “L’imponente portale in pietra, fiancheggiato da semicolonne ioniche percorse da motivo a fasce orizzontali, con mascherone al sommo e timpano con cornice sagomata spezzata”- motivo di longheniana memoria189 - “entro cui campeggia lo stemma colorato dei Barbaro, è l’elemento di maggior spicco della facciata e denota le buone capacità inventive del Rossi”190 (piazza Patriarcato 1, L1801_2). Sembra risentire, solo, delle novità introdotte da Domenico Rossi, il portale di palazzo Valvason-Morpurgo, di datazione incerta (via Savorgnana 12, L0426), nell’elaborazione dei capitelli, delle mensole, nel tracciamento dell’arco policentrico che lo delimita superiormente; mentre le finestrature superiori perpetrano una tradizione decorativa consolidata. Mostrano i primi segni del gusto neoclassico il grande portale di palazzo del Giudice-Rocchis (via Aquileia 16, L2049), che, alle forme tardo barocche, associa una lavorazione a pelle liscia dei conci, e il bellissimo portale in pietra d’Istria di palazzo Pavona-Asquini (via Manin 16, L1670), le cui linee eleganti e la partizione verticale richiamano il fronte di palazzo Pitteri a Trieste191, i portali centrale e laterali dell’ex Seminario Arcivescovile (via Treppo 4, 1684_2; via Treppo 2, L1684_1; via Treppo 6, L1684_3), della seconda metà del secolo.

Affianca questa produzione aulica quella di portali misurati in edifici di pregio, piccoli compendi di misura e proporzione, a costituire il volto della città settecentesca, sfondo ai grandi portali sopra ricordati. È il caso del bel portale di casa Spilimbergo-Iutizza (via Portanuova 17, L1588), con bifora sovrapposta e timpano ricurvo, del piccolo portale di casa Pirona (via del Sale 12, L0504_2), del grande portale di palazzo Zignoni-Margreth (via Grazzano 7, L0379), che, pur nella rigidezza delle forme, dà spazio a un sinuoso arco policentrico, del portale a finestratura binata di casa dall’Acqua-de Puppi (via Cussignacco 5, L0155),  pure esso ingentilito da un composto arco policentrico, del portale con sovrastante monofora di casa Brateolo-Fabrizi-Kircher (via Portanuova 19, L1587), recentemente “ristrutturato” con sostituzioni in pietra artificiale, del portale bugnato di palazzo Brazzà (via Zanon 16, L0703), con sovrastante monofora decorata a festoni vegetali, del portale di palazzo Caporiacco (via Giovanni da Udine 23, L1525_2), bugnato a tutto sesto con sovrastante monofora, balcone leggermente aggettante e una deliziosa testa di Minerva in chiave. Alcuni portali anticipano le linee del neoclassico: è il caso del portale del palazzo Fistulario-Plateo-de Portis (via Marinoni 14, L0950) e di quelli di palazzo Gallici-Strassoldo (via Savorgnana 26, L0087_1)
192, di casa Politi-Camavitto (successivo al 1773, via Zanon 6, L0701), di palazzo Braida (via Marinoni 47, L0938), di casa Fabiani-Pecile (via Paolo Sarpi 3, L0847),  di casa di Prampero (via Mantica 28, L1100_1).

Modesti, ma dignitosi portali in edifici di minore importanza ripropongono lo stesso schema portale – finestratura superiore, in via Tomadini 24 (L1698), in via Generale Baldissera 42 (L0958), in via Poscolle 50 (L0585).
Si riscontra, parallelamente, una presenza diffusa di portali a vano rettangolare con piedritti e piattabanda a bugne rustiche, lavorate o lisce, a dimensione costante o alternati in larghezza lungo i piedritti e ad altezza crescente verso il concio in chiave per la piattabanda. Il concio in chiave vede spesso la presenza di un riccio, di uno stemma
193, di un mascherone. Tra i portali a piattabanda ad altezza costante: i due portali laterali del palazzo Arcivescovile (piazza Patriarcato 1A, L1801_1; piazza Patriarcato 1B, L1801_3), i portali di casa Braida (via Aquileia 42, L2062), di riva Bartolini 7 (L1594), via Gemona 60 (L1299) e via Deciani 13 (L1389), con un importante riccio in chiave; il portale di via Zorutti 4 (L1090), con ricollocazione di una testina romana in chiave; i portali di via Pelliccerie 12 (L0838) e di via Aquileia 25 (L0024), con bel mascherone in chiave. Appartengono ad una produzione corrente, ma molto curata, i portali di via Deciani 54 (L1353) , via Villalta 39 (L1037) e via Giovanni da Udine 7 (L1530), tra i pochi in pietra vernadia; il portalino di via Paolo Sarpi 27 (L0767), con bugne gentili a cingere una sottostante struttura modanata, i portali di via Brenari 11 (L0546) e via Marinoni 59 (L0935), con alternanza di bugne gentili e lavorate tipo capitonnè; i portali gemelli di via Grazzano 72 (L0274) e via Grazzano 74 (L0275), quasi identici nelle linee, ma diversi nel materiale; l’ampio portale laterale di palazzo Caporiacco (via Giovanni da Udine 25, L1525_1), il portale di casa Spezzotti (via Prefettura 17A, L1823), in pietra d’Istria, il portale di casa Desia-Tommasoni (via Grazzano 10, L0172), con tutte le bugne lavorate a capitonné, ad eccezione dei due conci lisci di collegamento tra piattabanda e piedritti.

Sempre ad apertura rettangolare, sono riconducibili al periodo alcuni portali di una certa importanza: il portale di palazzo Mantica Chizzola (via Manin 20, L1671), in forme severe, con bugne di dimensioni pari a quelle della muratura dell’edificio; i portali laterali gemelli di palazzo Florio (via Palladio 8, L0914_2); il portale di palazzo Lovaria (via Zanon 18, L0704_1), con bugne squadrate, grande mascherone in chiave e cornice di coronamento; i portali di casa Arcano-di Varmo-Buiatti (via Aquileia 43, L0022_1 e via Aquileia 39, L0022_2), che ripropongono, in dimensioni non paragonabili, lo stesso schema formale con bugne lisce, cornice spezzata e sovrastante timpano.
Sono presenti, inoltre, portali ad arco con bugne lisce o rustiche, di varia dimensione. Tra i tanti  i due portali di palazzo Antonini-Cernazai (via Tarcisio Petracco 4, L1277_1) e piazza Garibaldi 20 (L0386), ripropongono lo schema sanmicheliano di palazzo Cornaro a San Polo a Venezia di portale bugnato ad arco delimitato superiormente da una cornice di semplice fattura; i portali di vicolo Sillio 6 (L0897_2) e palazzo Florio (via Palladio 8, L0914_4) uniscono le bugne rustiche alla presenza di un elegante riccio in chiave.
Numerosissimi sono i portali, per la maggior parte di ridotte dimensioni, archivoltati, spesso con riccio in chiave, talvolta con pannellature a rinfianco. Tra i più interessanti: via Rialto 7A (L0720A); via Liruti 4 (L1429); via Pelliccerie 2 (L0829, dal bel concio in chiave, così vicino ai canoni neoclassici).
Terminano il repertorio alcuni esempi unici: il grazioso portalino di vico Brovedan su piazza San Giacomo (L0870_1), ad arco mistilineo; il portale classicheggiante di via Palladio 15 (L1262), con fascia in calcare rosa ed importante riccio in chiave; il portale laterale di palazzo Caiselli (vicolo Caiselli, L0912), con un archivolto continuo anomalo per le grandi dimensioni; i portali ad arco con bugne di ghiera lanceolate di vico Brovedan (L0870_2 e L0870_3) e vicolo Sottomonte 23 (L1599); uno dei portali dell’Ospedale Vecchio (via Gorghi, L0107_2), ad arco con bugne lisce e rustiche e tre importanti conci in chiave.

I confronti con la consistenza dei portali dei centri scelti a paragone della produzione udinese (Cividale del Friuli, Gradisca d’Isonzo, Palmanova, Tolmezzo, Trieste) permettono di confermare le peculiarità indicate. Se da un lato, infatti, i principali portali del periodo in area veneta (Cividale, Palmanova e Tolmezzo) mostrano una sostanziale omogeneità con i portali udinesi, pur nella differenza dei materiali e delle dimensioni
194, a Gradisca e Trieste l’influsso della grande stagione barocca d’oltralpe195 trova immediato riscontro. Mentre a Trieste, però, la produzione è “di sicura ascendenza asburgica” con “precisi riferimenti soprattutto alle opere di …Johan Lucas von Hildebrand…, come l’impostazione stessa del portale a pilastri divergenti, i vasi decorativi soprastanti e in parte il poggiolo e l’incorniciatura della finestra”196, Gradisca offre una particolare commistione tra temi veneti e istanze d’oltralpe, coniugando la rigidità dei timpani delle aperture superiori alla morbidezza delle linee dei vani e all’articolazione plastica dei balconcini sporgenti197, evidenziando nel costruito la sua intima relazione con entrambe le culture.





















































































181
Per un inquadramento generale cfr. D. Goi (a cura di), La scultura nel Friuli-Venezia Giulia, 1988.

182
Cfr. E. Montagnari Kokelj e G. Perusini (a cura di), Nicolò Pacassi. Architetto degli Asburgo. Architettura e cultura a Gorizia nel Settecento, 1998.

183
Cfr. E. Bartolini et al., Raccontare Udine. Vicende di case e palazzi, 1983, p. 233.

184
Questa osservazione è stata suggerita a chi scrive del dott. Raffaele Gianesini, durante la discussione del suo articolo sulle decorazioni di palazzo Bartolini, di cui alla 177. Dal rilievo diretto dei manufatti emerge come, spesso, esista una graduale spanciatura del profilo del balcone nella sua parte centrale, a fornire un contributo ottico all’aumento della sua profondità, in realtà estremamente ridotta.

185
Cfr. G. Valle, D. Barillari, Palazzo Florio, in Università degli studi di Udine, L'università del Friuli: vent'anni, 1999, pp. 377-385.

186
Cfr. M. Gasparini, Pietro Antonio Navarra costruttore di Villa e Palazzo Bartolini, 1997, pp. 115-131.

187
Il riferimento diretto è a porta Pia, a Roma.

188
Cfr. 92, 96, 127.

189
Cfr. le porte dello scalone del monastero  di San Giorgio Maggiore a Venezia.

190
Cfr. E. Bartolini et al., Raccontare Udine. Memorie di case e palazzi, 1983, p. 321.

191
Opera dell’udinese Ulderico Moro (1739-1804); cfr. M. Walcher, L’architettura a Trtieste dalla fine del Settecento agli inizi del Novecento, 1967, figura 12.

192
Il portale è stato allargato nell’ultimo dopoguerra, in concomitanza con la ricostruzione del palazzo, seriamente danneggiato da un bombardamento; del progetto della facciata esiste un disegno settecentesco. Per le notizie sul portale e sulla costruzione chi scrive è grata debitrice all’ingegner Giulio del Mestri.

193
Non è infrequente il caso di stemmi rifiniti negli elementi decorativi esterni, ma privi delle armi del casato, probabilmente dei prefiniti in attesa di essere nobilitati, per esempio il portale di casa Andreuzzi Zucco (via Mantica 29, L1096) e quello di vicolo Cicogna 45 (L1320).

194
Si considerino, ad esempio: per Cividale del Friuli i portali di palazzo Pontoni Bresadola (piazza San Francesco 29), in piazza Garibaldi 15, via Patriarcato 5, piazzetta Terme Romane 7; per Palmanova i portali di via Manin 2A, borgo Cividale 34, piazza Grande 5; per Tolmezzo i portali di palazzo Campeis (via della Vittoria 2) e di via Matteotti 6. Costituiscono, invece, esempi più vicini al gusto d’oltralpe i portali di stretta de Rubeis 2 e via Adelaide Ristori 28 a Cividale.

195
Cfr. W. Kraus, P. Müller, I palazzi di Vienna, 1993; A. Ilg, Portale von Wiener Profanbauten des XVII  und  XVIII  jahrhunderts,  1894,  ma,  anche,  L.  Pořizka, J. Pešek, Z. Hojda, Palazzi di Praga, 1994.

196
Cfr. V. Fogher, Porte, portali, «Panduri» nella storia di Trieste, 1992, p. 305. Le indicazioni, relative al portale di palazzo Brigido, trovano un riscontro, per molti versi,  anche in alcuni nei portali triestini meno importanti: Capo di Piazza 1, via Mazzini 24, via Roma 17, via Valdirivo 16B.

197
È il caso dei portali di via Antonio Bergamas 8, di palazzo de Fin Patuna (via Ciotti 18), di Palazzo Lottieri (via Cesare Battisti 19).


































































L’OTTOCENTO

L’Ottocento non riserva grandi sorprese: si ripropongono, semplificati, gli schemi incontrati nei secoli precedenti, ritrovano attenzione le forme rinascimentali più semplici
198, pochi sono gli episodi di rilievo. Grande importanza assumono le riforme di facciata, documentate dagli incartamenti della Deputazione dell’Ornato199: molti degli interventi, risultano, così, di datazione certa.
Il secolo non vede, comunque, la realizzazione di portali importanti: la produzione si limita a qualche portale con aperture sovrapposte per edifici di dimensioni contenute, a portali isolati, carrai. Alle realizzazioni auliche dei secoli precedenti va sostituendosi una diffusa attenzione per gli accessi delle case dei borghi esterni al cuore della città, ormai parte integrante di questa, in una sorta di ingentilimento che vede la sostituzione dei portali di chiara estrazione contadina
200 con banali aperture, spesso a piattabanda, talora ad arco policentrico, nitide e fredde.
Tra gli esempi di un certo valore, il composto portale di via Aquileia 23 (L0029), collocabile forse tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, esemplifica, i caratteri di passaggio tra le due produzioni: linee nette, assenza di decorazioni, rigore estremo, qui mediate dal caldo tono della pietra e dalla licenza del timpano arcuato di coronamento. Seguono la seria impostazione del periodo i portali dell’ex collegio Tomadini (via Tomadini 30B, L1707_2), di casa Morelli de’ Rossi (via Aquileia 26, L2052), di casa Bearzi (Savorgnana 14, L0425), via Prefettura 16 (L1820), via Giovanni da Udine 4 (L1422), via Grazzano 5 (L0380), di palazzo Andriotti (riva Bartolini 3, L1595_1), di palazzo de Brandis (piazzatta Antonini 6, L1543). La serie si conclude con il portalino di piazza I Maggio 10 (L1584), che, nel sinuoso attacco piedritto - arco sembra precludere i festosi sviluppi del vicino floreale.
I portali isolati a piattabanda si presentano ad apertura rettangolare o raccordata negli spigoli superiori da conci conformati a quarto di cerchio. Caratteristici delle riforme di facciata, alcuni recano una data in chiave. Appartengono al primo gruppo, tra i tanti, i portali di via Gemona 96 (L1400), datato 1826, via Mantica 17 (L1241), datato 1830, via Mazzini 7 (L1257), portale successivo al 1818, di via Generale Baldissera 38 (L0956), portale successivo al 1831, via Gemona 100 (L1401), portale successivo al 1833. Di dimensioni maggiori e con un grado di finitura superiore il portale laterale di casa d’Arcano (vicolo d’Arcano, L2044_1), di piazza Libertà 1 (L1650), di casa Caratti (via Manin 17, L1808), di via Prefettura 13 (L1825). Appartengono al secondo gruppo i portali di via Anton Lazzaro Moro 38A (L1178), del retro di casa Caratti (L1809), di via Villalta 8 (L0992).
Tra i portali ad arco a tutto sesto sono degni di attenzione i portali gemelli dell’ex monastero dei Sette Dolori, oggi Ospedale Militare (via Pracchiuso 16A, L1455), i portali gemelli della Casa di Riposo (via Pracchiuso 12B, L1452), il portale di casa d’Arcano (via Aquileia 8, L2044_2), l’importante portale laterale di palazzo Torriani (largo Carlo Melzi 4, L0947_3), i portali di via Grazzano 50 A (L0259) e vico Brovedan (L0870_2), con conci d’arco a punta.
Numerosi sono i portali ad arco ribassato, tra i quali si segnalano i portali di via Giovanni da Udine 18 (L1426), con mostra di dimensioni ridotte, di via Tomadini 38 (L1708), riproposizione di un tipo frequente nelle aperture a tutto sesto, di via Anton Lazzaro Moro 23 (L1214), di vicolo di Lenna 8 (L0881), del collegio delle Dimesse (via Treppo 13, L1798_1), di via Villalta 24 (L1000). Sono presenti, inoltre, alcuni portali ad arco policentrico: in via Liruti 30 (L1438), in via Generale Baldissera 40 (L0957) e in via del Sale 9 (L0513).
La stagione dei grandi portali, praticamente conclusasi con il Settecento, vede nell’Ottocento solo un lungo periodo di agonia: la ripetitività delle forme, la mancanza di elementi decorativi distintivi, l’uso pressoché generalizzato della pietra piasentina sono i segni di realizzazioni sempre più funzionali, linde e, tutto sommato, banali.







198
In assenza di fonti documentarie è piuttosto arduo definire l’esatta collocazione temporale di alcuni portali in rigorose forme classiche. Per la ripetitività delle linee, pur nell’incertezza, sono stati riferiti al XIX secolo i portali gemelli di palazzo Giacomelli (piazza San Giacomo 11, L0869_1 e piazza San Giacomo 1A, L0869_2, anche se presenti in alcune stampe d’epoca, probabilmente antecedenti), i portali gemelli laterali della casa della Contadinanza (piazzale del Castello 3, L1659_1 e L1659_3), il portale centrale della casa della Contadinanza (L1659_2), i portali di via Tomadini 34B (L1707_1), di via Viola 7A (L0690_2), di via Mazzini 11A (L1254), il portale di casa Moisesso Liruti Biasutti (via Liruti 2, L1428_3).

199
Per lo studio dettagliato del periodo cfr., come precedentemente indicato, A. Biasi, G. Malisani, L’eredità neoclassica a Udine, 1986; A. Biasi, E. Vassallo (a cura di), L’eredità napoleonica a Udine. Una nuova immagine per la città, 1995.

200
Per un riferimento sui tipo dell’alto Friuli e della Carnia cfr. G. Cacciaguerra, M. Bonamico, Tipologie insediative della Carnia e della fascia morenica del Friuli –Venezia Giulia, 1984, ma anche R. Fiorini, La casa dei Friulani, 1999; di grande suggestione, per l’area montana del pordenonese: E. Bartolini, I. Zannier, Una casa è una casa, 1971.























IL NOVECENTO

Il Novecento mostra uno stravolgimento senza ritorno nel rapporto della città con i suoi portali, ma, in fondo, con se stessa.
“Forse il cittadino udinese del XX secolo non ha ben presente il valore monumentale che i secoli precedenti hanno accumulato nella città in cui vive. Lo aveva, però, ben presente un triestino, il cui cuore è sempre rimasto legato al Friuli: «per noi, figli d’una città bella, buona e italianissima - scriveva Arduino Berlam nel 1932(35) - ma non feudale e sprovvista di cimeli d’arte antica, perché tutta moderna, Udine era la rivelazione non solo del Regno d’Italia, ma anche della Repubblica di Venezia e delle sue glorie artistiche. Ci eravamo familiarizzati all’aspetto delle nostre buone case di abitazione di quattro o cinque piani, con grandi vetrine di negozi al pianterreno; ma chi aveva visti, fuorché sui libri, dei palazzi patrizi, delle rudi» e severe bozze di pietra annerita da quattro o cinque secoli di storia?”
201.
Così solo in tre episodi frammentari al portale cittadino viene dato il senso compiuto che nasce dall’idea, dal materiale, dalla capacità tecnica.
All’inizio del Novecento piazza I Maggio viene collegata alle vie di comunicazione a nord della città con l’apertura di viale della Vittoria, attraversando i cortili del Convento delle Clarisse e di casa Moisesso-Liruti-Biasutti. Per quest’ultima Raimondo d’Aronco progetta un basso volume aggiunto a confine con la nuova strada, il nuovo muro di cinta, il nuovo portale carraio d’accesso al cortile, un portalino pedonale sul fronte principale
202. L’interesse per i portali dell’architetto udinese trapela da alcuni schizzi, forse accidentalmente presenti nelle note introduttive di uno dei libri più consultati della storia costruttiva cittadina203, omaggio all’illustre concittadino che tanta fama aveva raggiunto in terre lontane e così poche gratificazioni aveva raccolto in Udine: un portale presso porta San Paolo a Roma, la porta Furba, sempre a Roma, un portale a Brescia, i portali udinesi di palazzo Arcoloniani e palazzo Gorgo-Maniago, il portale di palazzo Carli a Cividale. Piace pensare che l’attenzione possa essere legata in qualche modo al progetto per il portale per casa Moisesso-Liruti-Biasutti (via della Vittoria 1, L1428_1), una piccola summa di alcuni elementi distintivi dei portali storici della città: bugnato gentile, cornice e timpano spezzati, elementi decorativi, a riconoscere il “valore monumentale” degli esempi passati.
Per la costruzione della nuova sede dell’Ufficio Poste e Telegrafi, sempre negli anni ’20, in qualità di ingegnere capo reggente al Comune, Giuseppe Tonizzo “riproponeva i modi dell’eclettismo. La linea del palazzo richiama il rinascimento toscano: arcate aperte al pianoterra sulle superfici del bugnato …”
204. È il trionfo della pietra piasentina, che cinge con modi trionfali il piano terreno dell’intero palazzo. Appartato, sulla posteriore via Prefettura (via Prefettura 21, L1850), il portale di ingresso carrabile cede anch’esso alla lusinga della monumentalità, in un brano personale, libero dalla struttura dell’edificio contiguo, sicuramente debitore alle linee eleganti del portale di palazzo Gropplero schizzate da D’Aronco.
Negli anni ’50 la Banca d’Italia commissiona all’architetto Pietro Zanini alcuni interventi per la sede di Udine, a lato dell’imponente palazzo Antonini del Palladio. L’importanza dell’istituzione, la contiguità con il mostro sacro dell’architettura udinese, l’attenzione dell’architetto per gli schemi compositivi passati
205 portano alla realizzazione dell’ultimo grande portale udinese (via Gemona 1, L1544A), in blocchi massicci, lavorati a regola d’arte206, secondo le linee fondanti del vano rettangolare con sovrapposta trifora e balconcino, e ulteriore seconda trifora al di sopra, riferimento indiretto la successione di bucature di palazzo Attimis-Maniago (via Poscolle 43, L0631).

È la fine di un modo di essere e di pensare. I pesanti battenti dell’inaccessibile forziere nel cuore della città chiudono la serie dei gloriosi portali udinesi.


dettagli: palazzo Florio, via Palladio 8, Udine











































201
Cfr. F. Tentori, Architettura e architetti in Friuli nel primo cinquantennio del ‘900, 1970, p. 47. Nel testo la nota citata rimanda a: (35) «La Panarie», 1932, pp. 184-186 «Udine e l’anima Triestina».

202
Per la datazione, indicata in 1920 ca., cfr. D. Barillari, Raimondo d’Aronco, 1995, p. 152.

203

V. Masutti (a cura di), Giovanni Battista della Porta, Memorie sulle antiche case di Udine, 1983-1988, p. XXXI.

204

Cfr. L. Damiani, Arte del Novecento in Friuli, vol. I, 1978, p. 107.

205
È praticamente contemporaneo il completamento del portale di palazzo di Prampero (piazza Duomo 6, L0078) con aggiunta del bugnato laterale e il rimaneggiamento delle aperture superiori con realizzazione della trifora e dei balconcini. Cfr. l’immagine precedente i lavori in G. De Piero, I borghi e le piazze dell’antica città murata di Udine nella storia e nella cronaca, 1983, p. 218.

206
Il portale è opera della bottega del padre del signor Italo Bulfone; cfr. nota 167.